La nuova collegiata
in stile rococò, voluta fortemente dall’arciprete
Isidoro Chirulli, nacque principalmente per due motivi; il primo
perché a Martina Franca si avvertiva la ventata artistica
settecentesca portata dai Caracciolo e poi c’erano state
diverse scosse telluriche nel XVIII secolo che avevano
profondamente minato le strutture medievali.
L’interno della chiesa, grande quanto doveva essere quella
precedente medievale, per la ricercatezza degli apparati decorativi
non tradisce la grandiosità e fantasia rococò della
facciata.
Il grande complesso è illuminato da ben venticinque
finestre, e dalla grande vetrata (1956) posizionata sulla
controfacciata nel vano del finto balcone pontificale. I colori
vivaci ritraggono l’intervento miracoloso di san Martino
durante l’assedio dei cappelletti nel 16 giugno del
1529.
Lungo le pareti della navata centrale, in corrispondenza degli
ingressi laterali si aprono due finte tribune disegnate da archi
bifori sospesi sul cui peduccio sono aggrappati due graziosi putti,
che come sottolineò lo storico De Giorni nel 1882
<fanno delle prove di ginnastica sui frontoni
spezzati>.
All'interno in tutto si contano ben dodici altari il cui stile
varia da quelli preziosi e ridondanti in stile settecentesco a
quelli più lineari in stile ottocentesco. Varia anche l'uso
del materiale; si passa da quelli in marmo policromo pregiato a
quelli in pietra locale dipinti. Fra le macchine di altare di un
certo pregio artistico spiccano i due altari in marmo policromo
progettati dal napoletano Giuseppe Sanmartino (1720-1793) e
realizzati dal marmorario Giuseppe Variale (notizie dal 1745 al
1776). La presenza di questi artisti a Martina Franca dimostra
chiaramente come la committenza locale fosse molto avvezza a
richiedere artistici di provenienza napoletana che nel Settecento
rappresentavano la fucina artistica in Italia di maggior spessore
estetico e artistico. Si tratta, per la precisione,
dell’altare maggiore (1773), con al centro la statua litica
cinquecentesca di san Martino, commissionato dal mecenate
martinese Pietro Simone e l’altare laterale (1775), in fondo
al transetto di sinistra, commissionato dal vescovo Francesco
Saverio Stabile, con la struggente statua in legno di ulivo del
Cristo alla colonna (1622) di Giacomo Genovivi, scultore
di Gallipoli.
Entrambi sono delle macchine di altare veramente scenografiche,
caratterizzate da un armoniosa composizione che mescola tratti
della fastosità del tardo rococò con soluzioni
più di impronta classica. Gli altari presentano un ampio
basamento sul quale si innalzano le possenti colonne con capitelli
compositi. Molti gli elementi decorativi che impreziosiscono la
cornice, il paliotto e il frontone. L’altare maggiore per
giunta si arricchisce di due splendide sculture in marmo bianco
riproducente la Carità (a destra) e la
Provvidenza (a sinistra). Due splendide statue che
rispondo in pieno ai canoni legiadri e per alcuni versi anche
sensuali del Settecento.